Torino : Einaudi, 2009
Abstract: Salvatore Silvestro, il padre. Laura, la madre. Margherita, la figlia più piccola. E Caterina, la figlia maggiore. Nella mente di Caterina ormai dodicenne continua a risuonare l'urlo della zia, quella notte di tre anni fa giù a Nacamarina. L'urlo che annunciava il 'focu', la sciagura. Dopo quella notte, per salvarsi, la famiglia Silvestre è dovuta fuggire. In Altitalia. Dove ha conosciuto l'esilio, e anche una insperata libertà. Adesso qui, al Nord, arriva la notizia di un'altra sciagura. La morte di zio 'Ntoni. Salvatore deve separarsi dalla moglie e le figlie - loro cosi uniti - e tornare nel luogo in cui è nato, per il funerale. Il romanzo alterna il tempo dell'oggi, in cui Laura e le bambine spiano ansiose il viaggio di Salvatore, costretto a fare i conti con le proprie radici, e il tempo del ricordo: la fuga, l'arrivo nel nuovo mondo, lo spaesamento...
24 settembre 2023 alle 08:14
Dopo aver letto “Le assaggiatrici” , della stessa autrice, avevo grandi aspettative su “L’estate che perdemmo Dio”, dove trovo interessante l’idea di descrivere la mafia degli anni 80 dall’interno di una famiglia affiliata.
Tuttavia la lentezza della narrazione , farcita da lunghe accuratissime descrizioni, mi ha annoiato, spingendomi spesso ad accelerare la lettura di alcune righe.
È un romanzo introspettivo i cui capitoli alternano realtà e ricordi.
All ‘inizio non sempre mi è stata immediata la comprensione della parentela fra i 16 familiari, con tanto di zio Saro “che zio non è “ (oltre agli altri sette zii ).
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