Biblioteca Chiesa Rossa

Il fascino discreto della POESIA : una poesia, un poeta, il suo sguardo sul mondo

Digging, di Seamus Heaney (1939-1913). Premio Nobel per la letteratura 1995

 

Between my finger and my thumb

The squat pen rests; snug as a gun.

 

Under my window, a clean rasping sound

When the spade sinks into gravelly ground:

My father, digging. I look down

 

Till his straining rump among the flowerbeds

Bends low, comes up twenty years away

Stooping in rhythm through potato drills

Where he was digging.

 

The coarse boot nestled on the lug, the shaft

Against the inside knee was levered firmly.

He rooted out tall tops, buried the bright edge deep

To scatter new potatoes that we picked,

Loving their cool hardness in our hands.

 

By God, the old man could handle a spade.

Just like his old man.

 

My grandfather cut more turf in a day

Than any other man on Toner’s bog.

Once I carried him milk in a bottle

Corked sloppily with paper. He straightened up

To drink it, then fell to right away

Nicking and slicing neatly, heaving sods

Over his shoulder, going down and down

For the good turf. Digging.

 

The cold smell of potato mould, the squelch and slap

Of soggy peat, the curt cuts of an edge

Through living roots awaken in my head.

But I’ve no spade to follow men like them.

 

Between my finger and my thumb

The squat pen rests.

I’ll dig with it.

 

da “Death of a Naturalist”, Faber & Faber, London, 1966

 

 

SCAVARE

Tra il mio pollice e l’indice riposa

la tozza penna, comoda come una pistola.

 

Da sotto la finestra, un suono aspro e netto

quando la vanga affonda nella terra ghiaiosa:

mio padre, che scava. Mi affaccio e guardo

 

finché la sua groppa tesa nello sforzo tra le aiuole

s’abbassa, si rialza vent’anni addietro

curvandosi ritmicamente tra i solchi di patate

dove stava scavando.

 

Il rozzo scarpone annidato sulla staffa, il manico

saldo contro l’interno del ginocchio a fare leva.

Sradicava gli alti ciuffi, affondava la lama lucente

per sparpagliare le patate novelle che raccoglievamo

stringendole con piacere fredde e dure tra le mani.

 

Per Dio, il mio vecchio la sapeva maneggiare, la vanga.

E così il suo.

 

Mio nonno tagliava più torba in una giornata

di ogni altro nella torbiera di Toner.

Una volta gli portai del latte in una bottiglia

con un tappo di carta abborracciato. Si raddrizzò

per bere, poi si rimise subito al lavoro,

fendenti e affondi netti, gettandosi le zolle

sopra la spalla, andando sempre più giù

dove la torba era migliore. Scavare.

 

L’odore freddo del terriccio sulle patate, il risucchio e lo schiaffo

della torba impregnata, i tagli netti di una lama

su radici vive mi si ridestano nella mente.

Ma non ho vanga per seguire uomini come loro.

 

Tra il mio pollice e l’indice riposa

la tozza penna.

Scaverò con questa.

 

traduzione di Marco Sonzogni

 

da “Morte di un naturalista”, “Lo Specchio” Mondadori, 2014

"Se hai le parole, c'è sempre la possibilità che troverai la strada"

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 Per saperne di piu':

QUI Seamus Heaney, l’umiltà in poesia su Il sole 24 ore cultura

QUI Séamus Heaney: racconto la voce della mia Irlanda su Raicultura

QUI Seamus Heaney, Video-Intervista su Luigia Sorrentino, blog di poesia della RAI

...e, nei mesi precedenti

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