Biblioteca Gallaratese

Gruppo di Lettura

 

 

E' lo storico Gruppo di Lettura (GdL) della biblioteca Gallaratese, da anni presenza fissa nel nostro calendario, condotto con passione e competenza da Luisa.

Il gruppo è numeroso, affiatato ed in continuo aumento. Ma anche attivo! Recentemente ha aderito ad un interessante progetto di condivisione delle letture con un gruppo di detenuti del carcere di Bollate e la sua vitalità è stata notata dal Premio Brancati 2018 che l'ha voluto nella sua prestigiosa giuria.

Ci si ritrova ogni due mesi, comodi in una saletta riservata, nel tardo pomeriggio, solitamente alle 17:30. 

 

Siamo anche presenti nel sito della Rete dei Gruppi di Lettura che raccoglie o organizza informazioni provenienti dai GdL di tutta Italia. Basta digitare "Leggere che passione" nella barra di ricerca.

CONTATTI:

Al momento le iscrizioni sono chiuse ma è sempre possibile chiedere informazioni al numero 02 884 64 270 oppure scrivendo una mail all'indirizzo c.bibliogallaratese@comune.milano.it

I LIBRI CHE ABBIAMO LETTO...

Vedi i titoli letti dal 2012 al 2015

COMMENTI ALL'ULTIMO LIBRO LETTO

Trama: Saga di una famiglia cinese produttrice di vino narrata in tre generazioni intrecciata con la storia cinese del Novecento, dal 1939 al 1972 fino alla soglia della Rivoluzione Culturale di Mao. L’autore con salti temporali che affaticano il lettore ci descrive un affresco della vita cinese in cui alle vicissitudini familiari si alternano le lotte interne (partito Nazionalista contro il partito Comunista): Un romanzo dove tutti gli aspetti della esistenza sono rappresentati: amore e odio, violenza e sopraffazione, crudeltà, stupri, guerra civile e guerra Cino-Giapponese.
Eventi: Storia d’amore di YU Zahnao e della bella quindicenne Dai Fenlian; la distruzione del villaggio con solo sei superstiti; la guerriglia contro i giapponesi; Distruzione delle 12 botteghe di sandali di paglia.
Conclusione: Romanzo complesso e avvincente meritorio del premio Nobel, ma io preferisco la Cina narrata da Pearl Buck, Nobel 1938, autrice della “La buona terra” e di altri romanzi sulla Cina.

Leggendo Sorgo rosso mi sono chiesta spesso il perché di un romanzo così lungo con tante descrizioni che seppure riguardano contesti diversi sono ripetitive: sui combattimenti, sul funerale, sulla natura: è forse anche questa ricchezza di immagini che contribuisce a renderlo un romanzo epico? La naturalezza con cui l'autore descrive scene crudeli tra uomini, uomini ed animali, questi ultimi nei confronti delle vittime cinesi e giapponesi della guerra è impressionante; è pur vero che la crudeltà esisteva ed esiste purtroppo, che le descrizioni probabilmente nascono anche da esperienze vissute direttamente (l'origine stessa del romanzo sembra legata all'esperienza del padre del narratore); è il narratore che racconta di suo padre, sua madre, dei suoi nonni e interviene qua e là con i suoi ricordi, le sue riflessioni. Personaggi complessi e dalle mille sfaccettature: il nonno Yu è un bandito crudele, vendicativo ma capace di provare sentimenti (prova rimorso per aver ucciso il monaco, compagno della madre, mentre quando uccide gli Shan, padre e figlio (sposo non scelto di Dai) non prova alcun rimorso; tradisce l'amata nonna Dai ma di fronte al suo sorriso prima di morire si sente punito crudelmente dalla vita. La nonna Dai è una donna forte, sveglia, intraprendente, che a 16 anni si ribella alle tradizioni arcaiche e con la consapevolezza che la vita è breve è pronta a rischiarla senza temere nulla: dopo una vita di cucito e piedi fasciati, sceglie di vivere anche mentendo e rinnegando i propri genitori; ama i piaceri della vita ma sa nche prendersi la responsabilità di guidare una distilleria fatta di uomini. La guerra è protagonista del romanzo, anzi le guerre: fratricide, contro i giapponesi, contro i collaborazionisti; l'assurdità delle guerre, sempre disumane. La natura è l'altra protagonista: il fiume, i campi di sorgo, gli animali, i cieli descritti con trasporto dall'autore. Attraverso il romanzo scopriamo un pezzo di storia della Cina e le sue contraddizioni. Mi piace citare un brano tratto dalla lunga invocazione della nonna al Cielo poco prima di morire: Amo la felicità, amo la forza, amo la bellezza, il mio corpo mi appartiene, sono padrona di me stessa, non ho paura di sbagliare, non ho paura della punizione, non ho paura di entrare nei diciotto gironi del tuo inferno...ma non voglio morire, voglio vivere, voglio vedere ancora un po' di mondo, Cielo.

Ho letto con molto interesse questo romanzo scritto dall’autore cinese Mo Yan, mi ha fatto ricordare di quando avevo 16 anni e avevo scoperto la pittura cinese. Ci sarebbe molto da dire, quasi 500 pagine sono troppe per me, mi limirterò a scrivere ciò che più mi ha colpito. Mi sembra che l’autore ha voluto trasmetterci come messaggio: tutto il dolore e l’orrore che la guerra comporta: la perdita di tutti I valori della vita, civili e umani. Qui non ci sono eroi, sono tutti spinti dall’odio comune, i cadaveri a terra nutrono I cani che non si curano di quale fazione essi siano. Il romanzo ha avuto molto successo in Patria e all’estero e l’autore ha ricevuto il premio Nobel, meritatissimo. Non è un libro da tenere sul comodino, però può indurre a riflettere sulla guerra; Mo Yan ci descrive una delle tante aggressioni militari subite dalla Cina ad opera dei “diavoli giapponesi”. Il suo linguaggio è a volte un po’ triviale, ma rende bene. L’autore ci parla di Gaomi, teatro degli scontri sono le sponde del fiume Moshui; tutta la zona circostante è coltivata a sorgo rosso con il quale si fa il vino e tante altre cose, esso è testimone di tutti gli eventi che accadono sul territorio. L’autore alterna alle azioni di guerra pagine di assoluta poesia; il sorgo rosso diventa di tanti colori, la luna anche e così il sole; si dilunga sulle atrocità di una guerra crudele e ingiusta, ma ne esistono di buone? No. L’ esiguo esercito cinese era supportato da bande improvvisate, ma unite contro un nemico comune: i “diavoli giapponesi” Oltre alla guerra, magistralmente descritta, si intrecciano le vicende familiari di alcuni personaggi del posto, si conoscono così le tradizioni locali di un grande popolo. Mi ha commosso l’episodio della mamma del narratore calata nel pozzo asciutto col fratellino di 4 annai, per sfuggire ai soldato giapponesi; dopo giorni di attesa infine vengono estratti dal pozzo, ma il bambino era già morto. Lo stupro di Lian’er, la seconda nonna del narratore mi ha fatto piangere. E’ una vera opera d’arte.

 

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