♦ Vorremmo accompagnarvi in queste settimane che ci separano dalla proclamazione del vincitore finale conoscendo insieme i dodici partecipanti. Settimana dopo settimana avere un appuntamento che ci faccia apprezzare e incuriosire degli autori dei libri che quest'anno sono candidati ma anche alla loro produzione anteriore alla "dozzina". ♦
Il Premio è stato istituito a Roma nel 1947 da Maria Bellonci e da Guido Alberti, proprietario della casa produttrice del Liquore Strega, che dà il nome al Premio e si ricollega alle storie sulla stregoneria a Benevento che risalgono ai tempi dell'antichità classica.
Alcune delle opere premiate con il Premio Strega sono divenute colonne portanti della letteratura contemporanea: da Il nome della rosa di Umberto Eco, che ha venduto cinquanta milioni di copie in tutto il mondo, grazie alla traduzione in decine di lingue, a Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, un classico della letteratura italiana, solo per fare alcuni esempi.
Il meccanismo del Premio prevede che la scelta del vincitore sia affidata ad un gruppo di quattrocento uomini e donne di cultura, tra cui gli ex vincitori. Coloro che compongono la giuria sono tuttora chiamati Amici della domenica, dal giorno prescelto per le loro prime riunioni. I quattrocento giurati possono proporre dei titoli a loro graditi: ciascun Amico della domenica potrà segnalare, con il consenso dell’autore, un’opera che ritiene meritevole di partecipare al premio, con un breve giudizio critico. A questi voti si aggiungono quelli espressi da studiosi, traduttori e appassionati della nostra lingua e letteratura selezionati dagli Istituti italiani di cultura all’estero, lettori forti scelti da librerie indipendenti distribuite in tutta Italia, voti collettivi espressi da scuole, università e gruppi di lettura, tra i quali i circoli istituiti dalle Biblioteche di Roma, per un totale di 660 voti.
Attualmente è ammessa la partecipazione di un numero massimo di 12 opere.
Tradizionalmente il primo giovedì del mese di luglio, nel ninfeo di Villa Giulia a Roma, viene effettuata, con votazione finale degli Amici della domenica, la votazione definitiva che proclama l'opera vincitrice, trasmessa in diretta televisiva dalla Rai.
Sin dalla nascita il Premio Strega è stato indice degli umori dell’ambiente culturale e dei gusti letterari degli italiani. I libri premiati hanno raccontato il nostro Paese, documentandone la lingua, i cambiamenti, le tradizioni. In questi settant’anni le scelte compiute dal Premio hanno incoraggiato i lettori italiani a leggere sé stessi, la loro storia e il loro presente attraverso lo specchio della narrativa contemporanea.
Trovate qui la lunga lista dei libri premiati finora.
Il 22 marzo 2021 sono stati annunciati i dodici libri finalisti tra i sessantadue titoli proposti quest'anno dagli Amici della domenica.
Melania G. Mazzucco, candidata con le sue opere più volte al Premio Strega e vincitrice nel 2003 con il libro Vita, è presidente del comitato direttivo e descrive così i libri candidati:
«Fra i sessantadue titoli proposti abbiamo notato il ricorrere della distopia e dell’autobiografia, e una generale diffidenza nel romanzo di intreccio e di genere. Le autrici e gli autori prescelti rappresentano più generazioni, con un’escursione anagrafica agli estremi di ben sessantatré anni. Nella maggioranza però sono nati negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. I titoli selezionati nel 2021 raccontano per la maggior parte storie legate al vissuto personale dell’autrice o dell’autore, al suo mondo privato e prossimo (amici, parenti, conoscenti), e alla geografia locale, provinciale, talvolta rionale. In qualche caso questo vissuto incrocia la grande storia, più spesso si tratta invece di microstorie intime.
Sono storie di famiglie, dominano le figure delle madri – spesso anaffettive, furiosamente antagoniste – e delle sorelle, mentre i padri sono quasi assenti, sgraditi, superflui o silenziati. Sono storie di bambine senza infanzia, adolescenti solitarie o emarginate. Il sentimento dell’esclusione sociale e del rancore incendia alcuni di questi libri. Sono storie di testimonianza, di vita vissuta o prossima. Sono storie domestiche, nelle quali la casa – abitata, posseduta, perduta, occupata, infestata di oggetti – diventa personaggio. Nell’anno del confinamento nelle mura domestiche o nelle mura metaforiche dei nostri confini nazionali, è certo una coincidenza non casuale».
Il 10 giugno verrà ristretto l'elenco dei parteciapanti con una votazione che proclamerà i cinque finalisti e, infine l'elezione del vincitore avverrà 8 luglio.
Ecco i libri candidati che trovate già nelle nostre biblioteche su copia cartacea oppure in versione ebook sulla piattaforma MLOL.
“Probabilmente mi sono svegliata da un sogno durato tutta la vita e ho visto finalmente la realtà, di un amore più grande di me.
Da quando avevo saputo che mia madre mi aveva adottata all’estate del 2020 ho vissuto in un equivoco. Il 5 giugno 2020 Maria Grazia s’è desta”
Il libro candidato è l' esordio narrativo per Maria Grazia Calandrone; autobiografico, è una lettera d'amore alla madre adottiva ma è anche il racconto di un fatto di cronaca che fece molto parlare negli anni Sessanta, quando una bambina di pochi mesi venne trovata nel bel mezzo di Villa Borghese a Roma. La ascoltiamo in una sua presentazione su RaiCultura
L'autrice, classe 1964, drammaturga, giornalista, attivista, artista visiva, insegnante, autrice e conduttrice per Rai Radio 3 dove dal 2010 scrive e conduce programmi culturali, nei quali seleziona anche le poesie inedite degli ascoltatori. Inviata dall'Istituto giapponese di cultura di Roma nelle città di Tokyo e Kyoto per il Premio Haiku in Italia, si innamora dell'essenzialità e dell'eleganza della cultura giapponese e ne traduce le istanze nella propria poesia.
Ha esordito proprio nella poesia nel 1994 con la silloge Illustrazioni, premio Eugenio Montale per l’inedito. L'attenzione per gli eventi storici e sociali rappresenta una costante nell'opera poetica di Maria Grazia Calandrone, che alterna lo sguardo collettivo a quello privato, mantenendo in entrambi i casi il desiderio etico di pronunciarsi a nome di un «corale umano».
Ha pubblicato numerosi libri di poesia tra cui: La scimmia randagia (Crocetti 2003 – premio Pasolini Opera Prima), Come per mezzo di una briglia ardente (Atelier 2005), La macchina responsabile (Crocetti 2007), Sulla bocca di tutti (Crocetti 2010 – premio Napoli), Atto di vita nascente (LietoColle 2010), La vita chiara (transeuropa 2011), Serie fossile (Crocetti 2015 – premi Marazza e Tassoni, rosa Viareggio), Gli Scomparsi (pordenonelegge 2016 – premio Dessì), Il bene morale (Crocetti 2017 – premi Europa e Trivio), Giardino della gioia (Mondadori 2019).
La scimmia randagia, sebbene dedicato alla nascita del figlio Arturo, è un libro cosmogonico ad alto contenuto tematico, ossia quella di raccontare l'uomo, il suo essere nel tempo e nel mondo, a partire da prima della nascita e con il quale vince il Premio Pasolini Opera Prima.
Giardino della gioia dove compie una serrata indagine sul male, con le formidabili sezioni dedicate a casi di cronaca nera. Ma si muove in profondo anche di fronte alla realtà storica del nostro tempo usando un metro molto duttile, variabilissimo, che va dalla parola-verso alla totale apertura della prosa poetica.
La casa è divisa in due. I morti si aggirano per le camere scomparse, facendo inciampare i vivi in cose che non dovrebbero stare dove stanno. Famiglie di vivi che non si conoscono [...] condividono senza saperlo schiere di morti che non hanno nessuna contezza di compravendite, frazionamenti, divisioni, e continuano ad attraversare gli spazi.
Ernesto e Elia sono gemelli e si inseguono in una specie di lontananza ravvicinata senza riuscire a toccarsi, come fossero rette parallele; Sarabanda e Speedy, i loro genitori, invece non la smettono di allontanarsi neanche quando credono di starsi vicino. E così Daniele Petruccioli ci conduce su e giù per le generazioni che si succedono in case dove le persone crescono, vivono, muoiono, traslocano e che sono forse le uniche vere custodi di una memoria che facciamo di tutto per rimuovere, ma permane ostinata. La casa delle madri non è solo un’esplorazione dei delicati equilibri sui quali poggiano gli sbilanciati rapporti famigliari, ma è anche l’esordio di una voce narrativa capace di incantare il lettore, facendolo smarrire in una prosa ricca di affluenti ma al contempo sorvegliata e potente. Daniele Petruccioli è nato e vive a Roma. Traduce da portoghese, francese e inglese. Insegna traduzione dal portoghese e teoria della traduzione all’università di Roma Unint. Fra i suoi autori: Dulce Maria Cardoso, Alain Mabanckou, Will Self. Nel 2010 ha vinto il premio «Luciano Bianciardi» per la traduzione letteraria dall’inglese. Ha pubblicato i saggi Falsi d’autore. Guida pratica per orientarsi nel mondo dei libri tradotti (Quodlibet 2014) e Le pagine nere. Appunti sulla traduzione dei romanzi (La lepre 2017). La casa delle madri (TerrraRossa 2020) è il suo primo romanzo pubblicato.
Intervista dell'autore per Rai Cultura
Intervento di Petruccioli alla trasmissione Linguacce su Rai Radio 1.
Rassegna stampa per La casa delle madri.
“L’una per l’altra sponde, argini al caos che ci trovavamo ad attraversare,
quel gran pasticcio cui senza chiedere alcun nostro parere eravamo state consegnate.
Il nostro patto era uno scudo, un carapace."
Maddalena, la maggiore, è timida,sobria, riservata. Nina, di poco minore, è bella e capricciosa,magnetica, difficile, prigioniera del proprio egocentrismo. Le due sorelle hanno costruito la loro infanzia e adolescenza intorno a un grande vuoto, un’assenza difficile da accettare. Ancora adesso, molti anni dopo, cercano di colmarla con corse, lunghe camminate, cascate di parole che, da Parigi a New York, le riportano sempre a Roma, in una casa con terrazzo affacciata su Villa Pamphili, dove la loro strana vita, simbiotica e selvatica, ha preso forma. È proprio a Roma che Maddi, da sempre chiusa nel suo carapace,decide di tornare, fuggendo dai ruoli che la sorella, prima, e la famiglia poi, le hanno imposto. Finalmente sola con sé stessa e con i suoi ricordi, lascia cadere le difese e, rivivendo i luoghi del passato, inverte le parti e si apre alle sorprese che riserva la vita. Padri e madri, amicizie e passioni, alberi e fiumi fanno da cornice a una storia d’amore e di abbandono che, come ogni storia viva, offre solo domande senza risposta. (Il libraio)
Un libro sulle assenze e sulle mancanze, splendido, maturo, scritto con grande stile.
Sololibri
"Lisa Ginzburg ha scritto un romanzo meraviglioso, maturo, stilisticamente altissimo per raccontare il tema del doppio attraverso il rapporto fra due donne. Una "sorella geniale" nel solco della nostra migliore letteratura".
Nadia Terranova
Lisa Ginzburg vive e lavora a Parigi. Ha studiato alla Normale di Pisa e si è specializzata in mistica francese del Seicento. È stata direttrice di cultura della Unione Latina. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Desiderava la bufera (Feltrinelli, 2002), Colpi d’ala (Feltrinelli, 2006), Per amore (Marsilio, 2016), Buongiorno mezzanotte, torno a casa (Italosvevo Edizioni, 2018) e Pura invenzione. Dodici variazioni su Frankenstein di Mary Shelley (Marsilio, 2018).
Incontro con Lisa Ginzburg a cura dell'Istituto Italiano di Cultura di Lione.
Intervista con l'autrice da Rai Cultura.
"A forza di farsi scivolare le cose addosso, ad Alfreda si era impermeabilizzata l'anima. Però quella notte dell'anno in cui a Roma fu due volte Natale le formicolarono le emozioni, allora infilò una mano in un guanto irrigidito dal tempo e prese un paio di ciocchi di legno, li gettò sul braciere arrugginito che teneva in veranda e accese il fuoco."
Spesso tratteggiare la trama di un romanzo non basta a rendere la misura del lavoro che ci si appresta a leggere, la differenza la fa la voce dell’autore e dobbiamo sapere a chi appartiene quella tal storia per inquadrare un clima e mettere a sistema delle aspettative. Non funziona così per il romanzo di Roberto Venturini, nel quale la trama è autoportante e conoscerla ci prepara esattamente a ciò che ci attende. In L’anno che a Roma fu due volte Natale Alfreda, accumulatrice seriale obesa e diabetica, incontra Sandra Mondaini in una sorta di visioni notturne che interpreta come un appello dell’attrice a adoperarsi per riunire la sua salma a quella del marito. È noto, infatti, che i coniugi più famosi d’Italia riposino in cimiteri diversi. Così, un gruppo improbabile di personaggi composto da Marco, il figlio depresso e disagiato, un pescatore in disarmo e il travestito Er Donna, non si sottraggono al dovere che l’amore e la cura verso una persona cara richiedono, dando il via al ratto della salma di Raimondo Vianello. Il tutto è ambientato su un tratto di litorale romano in disarmo, depredato nei decenni da palazzinari e malavita. È un plot che promette una certa dose di trash, humor, degrado, violenza, dolore, dolcezza, pudore ed è esattamente ciò che il romanzo restituisce. (Erika Nannini) vocidallisola.it
Roberto Venturini è nato nel 1983 a Roma. È autore, soggettista e sceneggiatore della pluripremiata serie web che ha ispirato il suo fortunato esordio letterario: Tutte le ragazze con una certa cultura hanno almeno un poster di un quadro di Schiele appeso in camera (SEM, 2017), vincitore del Premio Bagutta Opera Prima. L’anno che a Roma fu due volte Natale (SEM, 2021) è il suo secondo romanzo.
Presentazione del libro per Rai Cultura
Parliamo di scrittura con Roberto Venturini e Marco Cantoni.
Uno spettacolo irriverente sul grigiore dell'esistenza. (criticaletteraria.org)
"Il tempo è una somma infinita di ripetizioni con minime variazioni, infinite minime variazioni conducono alla cancellazione di tutto. Presto o tardi. Per il tempo, presto o tardi non fa differenza. Per il tempo, ora è come qualsiasi allora."
Mario è un uomo che inventa storie, modifica la realtà, non è interessato alla verità, né sulle cose né sulle persone. Mario sfugge, per indolenza, all'obbligo di capire che tutti ci lega e tutti ci frustra. Vuole sposare Viola ignorandone la doppia, forse tripla vita. Anni prima è stato lasciato da Bianca, subito prima che nascesse Agnese, che forse è sua figlia o forse no. È succube di Santiago, un ragazzo dedito a pratiche sessuali estreme, e affida alle fotografie la coerenza e consistenza della propria vita. Se dei giorni della vita di Mario possiamo dire - quasi sempre è il 17 giugno -, degli spazi in cui Mario si muove non siamo certi. La ripetizione è l'unica realtà di Mario. Con una scrittura avvolgente, sensuale e che procede per variazioni capitolo dopo capitolo, pur conservando un incalzare ipnotico, Giulio Mozzi in questo suo romanzo guida il protagonista, e chi legge, attraverso avventure in parte reali e in parte - ma la cosa è sempre indecidibile - del tutto immaginarie, portandoli a sfiorare le vite strane e misteriose di personaggi senza nome - il Grande Artista Sconosciuto, il Terrorista Internazionale, il Martellatore di Monaci, il Capufficio - che Mario contempla come enigmi incomprensibili e rivelatori.
"Delle pagine di Giulio Mozzi si può dire quel che si diceva dei discorsi di Pericle, il tiranno di Atene, e cioè che sono come la puntura delle api: lasciano nella mente dell’ascoltatore un pungiglione." Fabrizio Ottaviani, Il Giornale
Giulio Mozzi è nato il 17 giugno 1960 a Camisano Vicentino. Ha pubblicato diverse raccolte di racconti (Questo è il giardino, Theoria 1993; La felicità terrena, Einaudi 1996; Il male naturale, Mondadori 1998; Fantasmi e fughe, Einaudi 1999; Fiction, Einaudi 2001; Sono l’ultimo a scendere e altre storie credibili, Mondadori 2009; Favole del morire, Laurana 2015; Un mucchio di bugie. Racconti scelti 1993-2017, Laurana 2020) e tre opere in versi (Il culto dei morti nell’Italia contemporanea, Einaudi 2000; Dall’archivio, Aragno 2014; Il mondo vivente, Lietocolle/Pordenonelegge 2020). Con Stefano Brugnolo ha scritto due manuali: Ricettario di scrittura creativa (Zanichelli 2000) e L’officina della parola (Sironi 2014). Per Sonzogno ha pubblicato Oracolo manuale per scrittrici e scrittori (2019) e, insieme a Laura Pugno, Oracolo manuale per poete e poeti (2020). Insegna scrittura creativa dal 1993. Nel 2011 ha fondato a Milano la Bottega di narrazione (bottegadinarrazione.com). Le ripetizioni è il suo primo romanzo.
Presentazione del libro a cura di Rai Cultura.
Intervista all'autore per Othersouls magazine
"Non tollerava che sua madre fosse così prona al suo servizio, se il dottore le avesse chiesto di buttarsi dalla terrazza Diletta l’avrebbe fatto. Invece lei no. Lei si era seduta al suo tavolo e aveva bevuto dal suo bicchiere e gli aveva fatto capire che non poteva permettersi di sorridere con superiorità, non poteva permettersi di trattarla come una bambina che non sapeva cosa voleva – perché lei lo sapeva, cosa voleva."
Adorazione è un romanzo sulla complessità dell’adolescenza che attrae e respinge, esattamente come i caratteri dei ragazzi che danno vita alle vicende raccontate, come i luoghi dove tutto avviene, la provincia di Latina, Pontinia, terre nuove, paesi con una storia appena principiata. Alice Urciuolo intesse il suo esordio attorno a un’estate vissuta intensamente, la stagione che più si addice ai ragazzi e alla loro passione. Diana, Vera, Giorgio e Vanessa, sono gli attori di una vicenda che ha il suo nucleo piantato nel passato: l’omicidio di una loro amica, Elena, per mano del suo fidanzato. A distanza di un anno, il gruppo di amici tenta di uscire dalla tragedia e di gettarsi a capofitto in quel che più desidera: crescere. Sperimentarsi. Anche a costo di soffrire e far soffrire. Adorazione canta la fame di vita di un’intera generazione, che nella libertà sessuale tenta di dimenticare la sofferenza affettiva e il senso di vuoto, spesso lasciato da adulti che mancano di risposte e di coraggio. Coraggio, invece, incarnato dall’autrice, capace di utilizzare le diverse lingue e forme narrative del nostro squilibrato presente.
"Adorazione restituisce tutto lo spaesamento e la ricerca di sé di una generazione molto raccontata ma poco protagonista della propria storia." Guido Caldiron, Il Manifesto
Alice Urciuolo (classe 1994) lavora come sceneggiatrice. È tra le autrici della serie di successo Skam Italia (Netflix, Tim Vision e Cross Productions) ed è attualmente impegnata nella scrittura di altri progetti per piattaforme internazionali. Adorazione (66thand2nd, 2020) è il suo primo romanzo. È nata in provincia di Latina, vive a Roma.
Alice Urciuolo su Rai Cultura.
Alice Urciuolo parla delle sue fonti d'ispirazione in un'intervista a Il Libraio.it.
Il confine mutante dell'incertezza. Intervista dell'autrice per Il Manifesto
Rassegna stampa di 66thand2nd
"Una delle prime cose che ho imparato quando sono arrivata è stata questa: alle papere ti puoi avvicinare senza pensieri, ai cigni no. I cigni beccano sul dorso le nutrie e le rincorrono nell’acqua aprendo le ali, i cigni non fanno differenza tra bambine e donne adulte, se ti prendono in antipatia sono pronti a ferirti. Io sono stata un cigno, mi hanno portata da fuori, mi sono voluta accomodare a forza, e poi ho molestato, scalciato e fatto bagarre anche contro chi s’avvicinava con il suo tozzo di pane duro, la sua elemosina d’amore."
Imprevedibile, complessa, discontinua: la formazione della giovanissima Gaia è quanto di meno lineare possiamo immaginare, a cominciare dalle condizioni in cui vive fin da piccola. La madre, Antonia, lotta ogni giorno per riuscire a sbarcare il lunario, facendo pulizie in nero per ricchi concittadini, mentre a casa la aspettano quattro figli (Mariano, avuto da una precedente unione; Gaia e i due gemelli piccoli) e il marito, rimasto su una sedia a rotelle, dopo essere caduto da una impalcatura. Chiamarlo disagio sociale sarebbe un eufemismo: ogni giorno Antonia deve ricordare ai figli che bisogna essere onesti, sempre e comunque, ma anche trovare il modo per affermare i propri diritti. Ma autentica protagonista del romanzo è sua figlia Gaia: voce narrante che sembra spuntare dal profondo, e sguardo che smaschera ogni convenzione sociale – pur restando alla fine imprigionata nelle contraddizioni di un benessere sempre inseguito e sempre destinato a sprofondare nella melma. La maturità narrativa raggiunta da Giulia Caminito sta proprio nella voce e nei gesti di Gaia, nella quale la timidezza affilata e la rabbia soffocata vengono nutrite dalla vergogna, la fatica di un’adolescenza sgraziata sboccia in violenza e la tenerezza si deforma in strazio, secondo una scrittura che è capace allo stesso tempo di distanziamento stilistico e di immedesimazione emotiva.
"Li immagino come un plotone d’esecuzione: prima o poi tutti i libri che non ho letto mi spareranno."
Giulia Caminito è nata a Roma nel 1988 ed è laureata in filosofia politica. Ha esordito nella narrativa con il romanzo La grande A (Giunti, 2016), ambientato nell'Eritrea post-coloniale degli anni 50 e ispirato alla figura della bisnonna, donna dalla vita avventurosa, contrabbandiera di alcolici e personalità vivace della comunità italiana d'Etiopia ed Eritrea. Il libro ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra i quali il Premio Berto, il Premio Bagutta (sezione Opera Prima) e il Premio Brancati (sezione Giovani). In seguito ha pubblicato la raccolta di racconti Guardavamo gli altri ballare il tango (Elliot, 2017), la fiaba La ballerina e il marinaio (Orecchio Acerbo, 2018) e il romanzo Un giorno verrà (Bompiani, 2019) ottenendo con quest'ultimo il Premio Fiesole. Del 2020 è Mitiche. Storie di donne della mitologia greca (La Nuova Frontiera Junior). Nel 2021 è uscito, sempre per Bompiani, il suo terzo romanzo, L'acqua del lago non è mai dolce. Collabora con l'Espresso.
Presentazione del libro su Rai Cultura.
Siamo ciò che leggiamo podcast: intervista con l'autrice.
Immergersi in una vita con Giulia Caminito (Criticaletteraria.org)
Recensione del libro per La lettrice geniale
"[…] quell’abitacolo, che ora scivola frenato in verticale, contiene – espresso in fiato, in molecole, in silenzio – ogni dettaglio di ciò che ha portato alla fine di un amore. Negli anni ha visto Io salire solo, insieme a Moglie o inscatolato in Famiglia. Li ha visti conversare in mezzo alle borse della spesa, appoggiarsi sfiniti contro il vetro, rilasciare rancori a denti stretti o prendersi le mani per istinto. Ha visto Moglie passare le dita tra i capelli di Io dopo un temporale, Bambina sedersi sopra il pavimento, tutti e tre presentarsi ad altri, senza mani per limiti di spazio. Ha visto Io e Bambina parlarsi tanto all’inizio, poi dirsi sempre meno […] Una sera tardi ha visto Io con un cuscino scivolare verso il basso e una porta che gli sbatteva dietro."
A quante parti di noi siamo disposti a rinunciare per continuare a essere noi stessi? E soprattutto: dove abbiamo lasciato ciò che non ci siamo portati dietro? Quali case custodiscono in segreto o tengono in ostaggio i pezzi mancanti di noi? Per raccontare la vita di un uomo, l’unica possibilità è setacciare le sue case, cercare gli indizi di quel piccolo inevitabile crimine che è dire “io” sapendo che dietro c’è sempre qualche menzogna. Il libro delle case è la storia di un uomo – “che per convenzione chiameremo Io” –, le amicizie, il matrimonio nel suo riparo e nelle sue ferite, la scoperta del sesso e della poesia, il distacco da una famiglia esperta in autodistruzione, e la liberazione dal mobilio che per vent’anni si è trascinato dietro a ogni trasloco. La storia di Io salta di casa in casa, su e giù per gli anni: è giovane amante di una donna sposata in una casa di provincia, infante che insegue una tartaruga a quattro zampe; è marito in una casa borghese di Torino, e bohémien in una mansarda parigina; adolescente preso a pugni dal padre in una casa di vacanza; e poi semplicemente un uomo, che si tira dietro la porta di una casa vuota. In questo romanzo costruito come una partita di Cluedo o un poliziesco esistenziale, Andrea Bajani scrive una prosa che si leva in poesia, sa di cielo e di angeli ma anche di terra e bruciato. È un viaggio, Il libro delle case, attraverso i cambiamenti degli ultimi cinquant’anni, nelle sue architetture reali così come in quelle interiori, i luoghi da cui veniamo e quelli in cui stiamo vivendo, le palazzine di periferia degli anni sessanta, lo sparo che cambia il corso della storia, e il bacio rubato dietro una tenda.
Andrea Bajani è autore di romanzi e racconti, di reportage, opere teatrali e traduzioni dal francese e dall'inglese. Nel 2002 pubblica il suo primo romanzo, Morto un papa (ed. Portofranco). Nel 2003 segue Qui non ci sono perdenti (peQuod). Nel 2005 approda a Einaudi con Cordiali saluti, storia di un giovane appena assunto che si trova a dover scrivere lettere di licenziamento che non sembrino tali e a farsi padre dei figli di un licenziato, affetto da tumore e impossibilitato a stare loro vicino. Nel 2006 esce il reportage Mi spezzo ma non m'impiego (Einaudi), viaggio-inchiesta nell'universo dei nuovi lavoratori precari. Del 2007 è il romanzo Se consideri le colpe (Einaudi), che vince i premi Super Mondello, Recanati e il Premio Brancati nonché il Premio Lo Straniero; nel 2008 è seguito il reportage Domani niente scuola (Einaudi). Ricordiamo anche Ogni promessa (Einaudi, 2010) con il quale vince il Premio Bagutta; La mosca e il funerale (Nottetempo, 2012), Mi riconosci (Feltrinelli 2013), La vita non è in ordine alfabetico (Einaudi 2014), Un bene al mondo (Einaudi 2016), la raccolta poetica Promemoria (Einaudi 2017) e Il libro delle case (Feltrinelli 2021). Ha preso parte a diverse antologie fra cui Lettere In-chiostro (1999). Per il teatro è autore di Miserabili, di e con Marco Paolini, e di 18mila giorni. Il pitone, con Giuseppe Battiston e Gianmaria Testa. È autore dell'audiodramma La gentile clientela (Feltrinelli 2013). (da wuz.it)
Presentazione del libro su Rai Cultura.
Libro del giorno della trasmissione Fahrenheit su RaiPlay.
Raccontarsi attraverso i muri di casa. (Criticaletteraria.org)
Recensione del libro per Doppiozero.
"Tra me e Judit scambiammo un dialogo muto come per dire che tra noi e chi non aveva vissuto le nostre esperienze s’era aperto un abisso, che noi eravamo diverse, di un’altra specie. Cosa stava succedendo? Il nostro avanzo di vita non era che un peso, mentre ci aspettavamo un mondo che ci attendesse, che si inginocchiasse."
Per non dimenticare e per non far dimenticare, Edith Bruck, a sessant’anni dal suo primo libro, sorvola sulle ali della memoria eterna i propri passi, scalza e felice con poco come durante l’infanzia, con zoccoli di legno per le quattro stagioni, sul suolo della Polonia di Auschwitz e nella Germania seminata di campi di concentramento. Miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande Judit, ricomincia l’odissea. Il tentativo di vivere, ma dove, come, con chi? Dietro di sé vite bruciate, comprese quelle dei genitori, davanti a sé macerie reali ed emotive. Il mondo le appare estraneo, l’accoglienza e l’ascolto pari a zero. Che fare con la propria salvezza? Bruck racconta la sensazione di estraneità rispetto ai suoi stessi familiari che non hanno fatto esperienza del lager, il tentativo di insediarsi in Israele e lì di inventarsi una vita tutta nuova, le fughe, le tournée in giro per l’Europa al seguito di un corpo di ballo composto di esuli, l’approdo in Italia e l’incontro fondamentale con il compagno di una vita, il poeta e regista Nelo Risi, un sodalizio artistico e sentimentale che durerà oltre sessant’anni. Fino a giungere all’oggi e a una spiazzante lettera finale a Dio, in cui Bruck mostra senza reticenze i suoi dubbi, le sue speranze e il suo desiderio ancora intatto di tramandare alle generazioni future un capitolo di storia del Novecento da raccontare ancora e ancora. (La nave di Teseo)
Edith Bruck nasce il 3 maggio 1931 a Tiszakarád in Ungheria in una povera famiglia ebrea. Nel 1944 il suo primo viaggio la porta nel ghetto del capoluogo, e di lì ad Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen. Sopravvissuta alla deportazione, di cui ha reso testimonianza nelle sue opere, dopo anni di pellegrinaggio approda definitivamente in Italia, adottandone la lingua. Nel 1959 esce il suo primo libro Chi ti ama così (ed. Lerici), un’autobiografia che ha per tappe l’infanzia in riva al Tibisco e la Germania dei lager. Nel 1962 pubblica il volume di racconti Andremo in città (Lerici), da cui il marito Nelo Risi trae l’omonimo film. È autrice di poesia e di romanzi, tra cui Le sacre nozze (Longanesi, 1969), Lettera alla madre (Garzanti, 1988), Nuda proprietà (Marsilio, 1993), Quanta stella c’è nel cielo (Garzanti, 2009), trasposto nel film di Roberto Faenza Anita B., e ancora Privato (Garzanti, 2010), La donna dal cappotto verde (Garzanti, 2012) e La rondine sul termosifone, pubblicato nel 2017 da La nave di Teseo. Nella lunga carriera ha ricevuto diversi premi letterari ed è stata tradotta in più lingue. Tra gli altri, è traduttrice di Attila József e Miklós Radnóti. Ha sceneggiato e diretto tre film e svolto attività teatrale, televisiva e giornalistica.
Presentazione del libro su Rai Cultura.
Intervista di Edith Bruck a Che tempo che fa.
Recensione di Doppiozero.
Testimonianza della visita a Edith Bruck da parte di Papa Francesco.
"Nessuna spiegazione da parte mia, nessuna domanda da parte sua. Benvenuti nell’intimità. Nella comprensione che non necessita parole. La sorellanza che nasce unicamente nell’adolescenza e che, nonostante allontanamenti, trent’anni di lontananza, perdura nelle cellule, nel corpo, quanto la giovinezza nella mente, guarda i malati di Alzheimer."
Sembrava bellezza è un romanzo sull'impietoso trascorrere del tempo, e su come nel ripercorrerlo si possano incontrare il perdono e la tenerezza, prima di tutto verso se stessi. Un romanzo di madri e di figlie, di amiche, in cui l'autrice, con una scrittura che si è fatta più calda e accogliente, senza perdere nulla della sua affilata potenza, mette in scena con acume prodigioso le relazioni, tra donne e non solo. Un romanzo animato da uno sguardo che innesca la miccia del reale e, senza risparmiare nessun veleno, comprende ogni umana debolezza. "Una lezione di letteratura narrativa, per tutti quelli che ancora non hanno smesso di esercitarsi nel fallimentare tentativo di tenere separate, nei romanzi, verità e finzione. È un racconto talmente colmo di menzogne – la prassi della comunicazione tra gli esseri umani, insieme al nascondimento, al malinteso, alla reticenza, alle omissioni – che alla fine rasenta la più intima delle confessioni. È un romanzo straziante, perché è uno strazio ritrovarsi a vivere tutta la vita in un corpo così lontano dal canone condiviso della bellezza; ed è un romanzo esilarante, la cosa più vicina ai libri di John Fante che mi sia mai capitato di leggere. È un romanzo che spazia dalla vitalità alla morte, soffermandosi in quella zona grigia che viene spesso trascurata, quella della quasi-morte, della regressione, della demenza, che a volte diventano abiti sorprendentemente comodi da indossare. È un romanzo sulla meravigliosa vertigine della mitomania. Ma soprattutto è una lezione sull’unica verità possibile in letteratura, quella fatta di nomi, predicati, avverbi e aggettivi scelti e composti con tale maestria da rendere inutile sapere altro." (Paolo Veronesi)
Teresa Ciabatti è nata a Orbetello nel 1975, vive a Roma. Ha pubblicato il suo primo romanzo, Adelmo, torna da me nel 2002 (Einaudi), seguito da I giorni felici (2008, Mondadori), Il mio paradiso è deserto (2013, Rizzoli), Tuttissanti (2013, Il Saggiatore), La più amata (2017, Mondadori) finalista al Premio Strega, Matrigna (2018, Solferino), Sembrava bellezza (2021, Mondadori). Collabora con “Il Corriere della Sera” e con “la Lettura”.
Presentazione del libro su Rai Cultura.
Intervista all'autrice di ilbolive.it.
Intervista per Il Libraio.it
"Da pochi mesi ho compiuto l’età esatta in cui Pia si è ammalata, cominciando a perdere progressivamente, inesorabilmente, giorno dopo giorno, l’uso del suo corpo. Gli anni di Rocco, invece, ormai li ho superati abbondantemente. I nostri amici sono anche questo, rappresentazioni delle epoche della vita che attraversiamo come navigando in un arcipelago dove arriviamo a doppiare promontori che ci sembravano lontanissimi, rimanendo sempre più soli, non riuscendo a intuire nulla dello scoglio dove toccherà a noi, una buona volta, andare a sbattere..."
Le Due vite di Trevi sono certamente quelle di Rocco Carbone e Pia Pera, lui scrittore e critico letterario, lei a sua volta scrittrice e traduttrice; due intellettuali che occupano una posizione niente affatto secondaria nella sfera sentimentale di Trevi e che nel libro si alternano e si incrociano. Ma non si tratta solo di questo: “Perché noi viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene”. Non solo due vite dipinte da un punto di osservazione privilegiato e dolente, quello di un amico affettuoso, ma soprattutto quanto di queste rimane. Ad esse si accosta una terza vita, non dichiarata nel titolo ma onnipresente: quella del narratore, dell’uomo che ha conosciuto entrambi, che descrive le loro figure, le insicurezze, i momenti passati insieme e le tragiche conclusioni delle loro esistenze aprendo un dialogo con quei pezzi residui di memoria e con quanto di essi si faccia ancora sentire con ostinazione. (L'indice)
"Due vite è la storia di tre amici: Emanuele Trevi che racconta Rocco Carbone e Pia Pera, due scrittori scomparsi troppo giovani. Racconta delle sconfitte e delle euforie, dei litigi e dei gesti indimenticabili, delle notti romane; e parla del dolore di averli persi. Questo libro è il modo di tenerli vicini, anche se il tempo che passa cerca di allontanarli. Le storie, la memoria, la riflessione, le divagazioni e la distrazione – sono tutte caratteristiche della scrittura di Trevi, e della sua capacità di tirarci dentro un tempo e un luogo che non pensavamo ci riguardasse così tanto. E' un libro capace di trasformare l’intimità e la malinconia in letteratura, rendendole universali a avvicinandole alle vite di tutti. Ed è un libro che non assomiglia a nessun altro." (Francesco Piccolo)Emanuele Trevi è nato a Roma nel 1964. Collabora al Corriere della Sera e al Manifesto. Tra le sue opere: I cani del nulla (Einaudi, 2003); Senza verso. Un’estate a Roma (Laterza, 2004); Il libro della gioia perpetua (Rizzoli, 2010); Qualcosa di scritto (Ponte alle Grazie, 2012); Il popolo di legno (Einaudi, 2015) e Sogni e favole (Ponte alle Grazie, 2019).
Presentazione del libro su Rai Cultura.
Intervista all'autore per l'Università di Padova.
Recensione del libro su Othersouls magazine
"Rimanere nel cerchio è la forza, la vita, il suo senso. Uscire è perdersi, mescolarsi, andare allo scontro in altri quartieri. Non vale la pena, il pericolo è già nel mare, ogni giorno. Da questo punto non si vede, ma è oltre le file irregolari di case, ora gelido e scuro. È il padrone di ognuno, qui, il luogo della fatica. È la fortuna e la morte."
"È il momento piú buio della notte, quello che precede l’alba, quando Adriana tempesta alla porta con un neonato tra le braccia. Non si vedevano da un po’, e sua sorella nemmeno sapeva che lei aspettasse un figlio. Ma da chi sta scappando? È davvero in pericolo? Adriana porta sempre uno scompiglio vitale, impudente, ma soprattutto una spinta risoluta a guardare in faccia la verità. Anche quella piú scomoda, o troppo amara. Cosí tutt’a un tratto le stanze si riempiono di voci, di dubbi, di domande. Entrando nell’appartamento della sorella e di suo marito, Adriana, arruffata e in fuga, apparente portatrice di disordine, indicherà la crepa su cui poggia quel ma-trimonio: le assenze di Piero, la sua tenerezza, la sua eleganza distaccata, assumono piano piano una valenza tutta diversa. Anni dopo, una telefonata improvvisa costringe la narratrice di questa storia a partire di corsa dalla città francese in cui ha deciso di vivere. Inizia una notte in-terminabile di viaggio – in cui mettere insieme i ricordi –, che la riporterà a Pescara, e precisamente a Borgo Sud, la zona marinara della città. È lí, in quel microcosmo cosí impenetrabile eppure cosí accogliente, con le sue leggi indiscutibili e la sua gente ospitale e rude, che potrà scoprire cos’è realmente successo, e forse fare pace col passato. Donatella Di Pietrantonio torna dopo L’Arminuta con un romanzo teso e intimo, intenso a ogni pagina, capace di tenere insieme emozione e profondità di sguardo." (Sonia Paolorossi)
"Capitolo dopo capitolo il lettore ricostruisce il passato di due sorelle che hanno affrontato la vita sole, unite da un’incolmabile solitudine che le ha rese fragili al confronto con il resto del mondo. Per entrambe il rifugio dalla solitudine è stato l’amore, vissuto come totalizzante e per questo destinato a trasformarsi in malattia, dannazione. Adriana e l’Arminuta si avvicinano e si respingono, in una sorellanza che si arricchisce di quella complessità propria della crescita. Attrazione e repulsione, desidero e negazione delle proprie origini. Fino alla fine c’è la volontà di liberarsi dal passato che le ha macchiate in modo indelebile, segnando il loro destino." (rivistablam)Donatella Di Pietrantonio è nata ad Arsita, in provincia di Teramo. Si è poi trasferita per studio all'Aquila dove, nel 1986, si è laureata in Odontoiatria nella locale Università. Da lungo tempo risiede a Penne, in provincia di Pescara, dove esercita la professione di dentista pediatrico. Ha esordito nel 2011 con il romanzo "Mia madre è un fiume", ambientato nella terra natale. Nello stesso anno pubblica il racconto "Lo sfregio" sulla rivista Granta Italia di Rizzoli. Nel 2013 pubblica il suo secondo romanzo "Bella mia" dedicato e ambientato all'Aquila. L'opera, influenzata dalla tragedia del terremoto del 2009 e incentrata sul tema della perdita e dell'elaborazione del lutto, è stata candidata al Premio Strega ed ha vinto il Premio Brancati nel 2014. Il romanzo viene ristampato da Einaudi nel 2018 e nel 2020 vince il premio letterario internazionale "città di Penne-Mosca". Nel 2017 pubblica per Einaudi il suo terzo romanzo: "L'Arminuta" anch'esso ambientato in Abruzzo; il titolo è un termine dialettale traducibile in «la ritornata». Il libro approfondisce il tema del rapporto madre-figlio nei suoi lati più anomali e patologici ed è risultato vincitore del Premio Campiello e del Premio Napoli. Nel 2019, dal romanzo è stato tratto uno spettacolo teatrale prodotto dal Teatro Stabile d'Abruzzo. Nel 2020 pubblica il seguito de L'Arminuta, "Borgo Sud" che fa rivivere storie successive delle due sorelle, adesso tra i cinque finalisti al Premio Strega 2021.
Donatella Di Pietrantonio presenta il suo libro sulla pagina Facebook per IBS Guardala qui.
Intervista all'autrice per l'Università di Padova.