La Pipette Noir è un'associazione culturale che promuove l'editoria indipendente e autoprodotta attraverso La Fanzinoteca, una biblioteca di fanzines e libri autoprodotti aperta al pubblico su appuntamento e conservata presso la Biblioteca Zara. Consulta online il catalogo completo della Fanzinoteca!
Presidente dell'associazione e fondatrice del progetto: Valeria Foschetti.
Attività principali: prestito e consultazione gratuiti di zines e libri autoprodotti, organizzazione di eventi dedicati alla micro editoria e ai creativi della scena indipendente italiana.
Per info: lapipette@yahoo.it
Pagina FB e profilo Instagram: LaPipetteNoir
La Pipette Noir è un progetto nato nel 2012 da un’idea di Valeria Foschetti, un’artista milanese creativa e poliedrica. Si appassiona al mondo delle fanzine al liceo, al suono della musica punk e delle feste nei centri sociali.
Dopo il diploma di liceo artistico studia come orafa e approfondisce la pittura cinese contemporanea a Londra, dal suo profilo si evince uno sguardo artistico aperto e non convenzionale che così bene si applica all’anarchico e variegato mondo delle fanzines che ha raccolto negli anni. Dopo due anni di attività itinerante tra librerie ed eventi dedicati alla microeditoria e all’autoproduzione, ha deciso di lanciarsi nella missione di rendere stabile la sua passione: insieme al suo compagno e a una sua amica, fonda nel 2014 l’associazione culturale no profit La Pipette Noir e mette a disposizione del pubblico la sua personale collezione di fanzines raccolte negli anni.
Il suo entusiasmo e quello di chi è venuto a contatto con il progetto (spesso quantificato in generose donazioni di fanzines e rare pubblicazioni), ha fatto sì che il suo lavoro non si fermasse lì. Con determinazione ha superato le inevitabili difficoltà economiche legate a un progetto che nasce come gratuito fino ad approdare alla Biblioteca Zara, nel maggio del 2016. Qui nasce La Fanzinoteca, uno spazio in cui è possibile consultare e prendere in prestito la collezione di fanzines presenti in archivio e partecipare a mostre, laboratori e incontri con i vari protagonisti della scena creativa indipendente italiana.
Abbiamo incontrato Valeria Foschetti per farci raccontare qualcosa di più sul mondo dell’autoproduzione e dell’editoria indipendente.
“Fanzine è condivisione. Nasce da un’esigenza di libertà, comunicazione e condivisione. Non devi essere un creativo per poter fare fanzines o per poterne godere. Non devi essere un professionista dell’editoria, ma un appassionato, e anche questo è motivo di libertà”, racconta Valeria.
Le fanzines hanno l’aspetto e i contenuti di mini-riviste, alcune parlano di band e di concerti, altre raccontano storie divertenti, mostrano sottoculture, elencano collezioni personali, presentano collage e illustrazioni, a volte sono album fotografici o fumetti.
Nascono dalla passione e dall’urgenza di comunicare il proprio punto di vista, ed è per questo che spesso diventano vero e proprio specchio della contemporaneità: dopo aver visto la luce negli anni del punk, il successo di queste pubblicazioni nella cultura underground crebbe sempre più, facendosi voce di femminismo militante e attivismo politico, fino alle fanzine dei primi anni 2000 contro la moda fast-fashion.
La battaglia per la parità di genere ha sempre usato la fanzine come un mezzo potente e libero per alzare la voce oltre al silenzio imposto alle donne dalla società patriarcale.
Dal materiale autoprodotto sul femminismo mostratoci emerge con forza l’elemento della voce e del rumore come uno dei simboli della lotta femminista: negli anni ’90 una delle fanzine più iconiche è stata quella delle Riot grrrl, che con il loro manifesto e il loro lavoro hanno reclamato ad esempio il diritto delle ragazze di appassionarsi liberamente alla musica punk-hardcore, considerata come un genere più prettamente maschile, promuovendo un modello di femminilità libero da pregiudizi e preconcetti e abbracciando l’ideale politico del do it yourself, così congenito anche al concetto di fanzine.
Nella nostra contemporaneità non solo il rumore dell’insurrezione ma anche il suono delle parole diventa fondamentale, di questo si occupa appunto la fanzine Non ho parole, creata da tre designers che con il mezzo della grafica approfondiscono l’inclusività di linguaggio, uno dei tanti progetti che sempre di più guardano verso un femminismo intersezionale.
La fanzine più “istituzionale” nasceva come pubblicazione completamente caotica, casuale, sottostante l’estetica del punk, per cui era fotocopiata e graffettata, veniva scritta spesso dai fan delle varie band e prodotta da alcune etichette discografiche con cui condivideva un ideale di libertà di espressione.
Tuttavia oggi questa questione appare molto più sfaccettata e borderline: parliamo di qualcosa che sottostà a un’esigenza di espressione e che spesso si è diffusa in modo talmente caotico da far perdere le tracce della propria origine (autore), ma che, allo stesso modo, deve rispettare questioni di copyright da cui non può prescindere. Parliamo di un’autopubblicazione che nasce dalla volontà libera di espressione e diffusione, ma che chiede di essere categorizzata e istituzionalizzata per un suo valore decisamente e indiscutibilmente estetico; ancora, è una pubblicazione aperta potenzialmente al più vasto pubblico, ma di affezionatissimi; qualcosa che riesce a organizzarsi in una dinamica di serialità e autorialità, nonostante la propria casualità originale. Tutte cose che di sicuro non allontanano, anzi affascinano, i non addetti ai lavori, perché addetti ai lavori, anche se in pochi la conoscono, non ce ne sono per statuto: tutti potrebbero farla, tutti potrebbero leggerla. Nessuno giudicarla.
E, tuttavia, ce n’è qualcuna più curata e in questi casi può essere stampata in serigrafia o prodotta con molti mezzi e molto impegno, ce ne sono altre invece molto simili al raffazzonato modello underground: e tutto questo coesiste. Difficile è perfino definire un confine tra libro d’artista e fanzine: di solito lo può fare solo il suo autore, stabilendo e definendo con una parola ciò che sta facendo.
I progetti per il futuro non mancano: al momento La Fanzinoteca è impegnata in un lungo processo di catalogazione, uno step importante per poter ottenere il riconoscimento della Fanzinoteca come bene culturale. “Questo permetterebbe di aumentare notevolmente la partecipazione: se si toglie sempre di più il mio nome e La Fanzinoteca La Pipette Noir diventa un archivio riconosciuto ci potrebbe essere anche un maggiore seguito di volontari e quindi nuove idee, nuove proposte e nuova linfa. Un progetto a lungo termine e sicuramente ambizioso”.